Dire, fare, comunicare: perché è importante valorizzare il tuo prodotto
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Dire, fare, comunicare: perché è importante valorizzare il tuo prodotto
In Italia ci sono 838 prodotti agroalimentari e vitivinicoli a marchio DOP, IGP STG. Ma quanti di loro sono conosciuti al grande pubblico e quali… no?
In questa risposta si nasconde in realtà un grosso “gap”: perché nonostante i marchi DOP e IGP abbiano un indubbio riconoscimento a livello economico, in realtà non sempre i prodotti a marchio riescono a penetrare con facilità nel mercato ma soprattutto nella “mentalità” del consumatore.
Oppure, se lo fanno, molti Consorzi restano con la spiacevole sensazione che si possa fare di più. Perché in fondo valorizzare un prodotto tipico o a connotazione geografica non vuol dire fare mera “promozione”, ma piuttosto “cultura”: di prodotto, di produzione, di territorio.
Proviamo a rispondere sinceramente a queste domande, senza pensarci troppo:
- Essere “marchiati” a ferro e fuoco basta per dire di valorizzare al meglio il prodotto?
- I prodotti tipici e a forte connotazione geografica hanno automaticamente la strada spianata verso il successo commerciale?
- A dare valore ai prodotti contribuiscono forse altre forze, come ad esempio delle buone strategie di branding e comunicazione?
Probabilmente, se le risposte che hai dato sono uguali a quelle che daremmo noi di Agricosmica, l’ordine di risposta è NO, NO e… SÌ. Ecco, è proprio su quest’ultimo SÌ che vogliamo concentrarci.
DOP e IGP: oltre il marchio c’è di più…
Valorizzare i numerosi prodotti tipici sparpagliati nel Belpaese è una missione importante che non può limitarsi al solo rispetto dei disciplinari. Il compito di un Consorzio è assai più ampio: a noi di Agricosmica piace pensare che sia quello di esaltare un territorio e la sua identità, un’identità che si esprime anche attraverso la cultura di prodotto e/o di produzione.
E attenzione: quando noi parliamo di prodotto abbiamo in mente sia il prodotto fisico (quello che materialmente compriamo e gustiamo) sia il prodotto immateriale, perché simbolo di qualcosa di più: un modo di fare o una tradizione ancorate a un particolare pezzo d’Italia. Non a caso, anche quell’Italian way of life che tutto il mondo ci invidia e che si fonda sull’autenticità, il gusto e l’eccellenza passa per i marchi DOP e IGP.
Senza dubbio, questi marchi ci aiutano a trasmettere in parte quel senso di tradizione, eccellenza e cultura. Sia DOP sia IGP sono 3 lettere magiche che racchiudono un ecosistema completo di valori: artigianalità, tradizione, bontà, pregevolezza, ecc…
Ma non è tutto oro quello che luccica, e dietro la superficie patinata si nasconde ben più di una difficoltà.
… ma c’è anche di meno!
Partiamo da una semplice constatazione: il successo dei marchi EU è indiscutibile. E questo genera un business notevole, tanto che sempre più prodotti puntano alla certificazione. Non è un caso che i prodotti tipici in Europa siano aumentati fino a superare quota 3.000. In più, di recente è stata estesa anche ai paesi non EU la possibilità di registrare e certificare un prodotto.
Ben vengano le certificazioni, i disciplinari, etc, ma quale “posizionamento” hanno questi prodotti in quella che in gergo chiamiamo mente del consumatore.
Un esempio che vale per tutti, che c’entra sempre con il nostro caro consumatore.
L’italiano comune, spesso, non conosce la differenza tra DOP e IGP. Quella che noi del settore consideriamo una cosa scontata come l’ABC, per chi compra e consuma non è poi così chiara.
Da un nostro recente sondaggio su DOP e IGP, è risultato che il 63% delle persone dichiara di conoscere i due marchi: tuttavia, alla domanda se ne conoscessero effettivamente le differenze e il reale significato, le risposte come “no” e “forse” sono abbondate, arrivando a coprire il 62% dei partecipanti.
Inoltre, tra i pochi prodotti che sono stati correttamente citati ci sono il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, entrambi DOP. Ma in fondo, si tratta di due prodotti che parlano da soli.
Un momento, fermiamoci. Cosa abbiamo appena detto?
Parmigiano Reggiano e Grana Padano sono prodotti che parlano da soli.
E come mai loro possono permettersi questa affermazione, e altri prodotti egualmente di qualità e a marchio DOP o IGP no?
Ecco, siamo arrivati al punto. Se da un lato il loro successo indiscutibile è da far risalire a ragioni culturali e storiche, dall’altro nel far emergere questi prodotti e i loro valori rivestono un ruolo importantissimo la comunicazione, il posizionamento, il branding. Ed è superfluo dire che tutte queste discipline e attività sono determinanti anche a livello di mercato.
Proprio questi sono quindi i campi in cui i Consorzi devono giocare oggi la loro partita più importante.
La sfida per i Consorzi: dal prodotto al Brand
Non basta più dire che un prodotto è a marchio IGP o DOP.
Non basta più fare nel senso di seguire tutti i disciplinari e i regimi di qualità che per i prodotti a marchio sono ovviamente obbligatori.
Oggi serve comunicare per costruire un brand che crei un legame forte tra prodotto, territorio e consumatore e che porti il prodotto a “parlare da solo”.
Di sicuro non si tratta di un percorso facile. Bisogna innanzitutto interrogarsi sulla giusta strategia di posizionamento da adottare per i prodotti. E questo posizionamento deve sicuramente fare i conti con i concetti di tipicità e località, ma deve anche sapere andare oltre, o il rischio è quello di non emergere. Il legame tra prodotto e territorio deve spingersi al di là dei confini ed entrare nell’immaginario comune.
Per farlo, le armi a disposizione sono tante. Ma non basta aprire un sito internet, qualche canale social o spedire comunicati stampa per dire che “è fatta”: in realtà, prima ancora dei mezzi e dei canali contano la ricerca, l’analisi e la creazione di una narrazione coerente con la cultura del prodotto e del luogo da cui proviene. Soltanto in questo modo rispetteremo quel valore dell’autenticità che noi (ma anche i consumatori) riconosciamo nelle DOP e le IGP.
Il prodotto a questo punto diventerà un Brand, e il Brand, ricordiamolo, è un sistema di valori, una vera e propria cultura (e non un semplice loghetto carino da mettere su un’etichetta).
Solo in ultima battuta avremo lo studio dei migliori canali da presidiare per una comunicazione efficace. Ma prima conta lo studio, la progettazione, la creazione di un’immagine forte: e solo a questo punto la potremo declinare sì sui social media, sulla stampa, sul web… e in quella mente del consumatore che abbiamo già citato.